Negli ultimi anni, il tema della parità di genere ha assunto un ruolo sempre più centrale nelle strategie aziendali, spingendo molte imprese a dotarsi della certificazione UNI/PdR 125:2022. Il percorso per ottenere la certificazione della parità di genere può seguire strade diverse, più semplici, o che richiedono un maggiore impegno. Questo perché alcune aziende lo considerano un mero adempimento burocratico, mentre altre vedono questo percorso come un’opportunità di crescita e miglioramento. La differenza tra i due approcci è la motivazione alla base: nel secondo caso, il voler raggiungere un effettivo e duraturo cambiamento culturale all’interno dell’azienda. Questo impegno concreto verso la qualità e l’evoluzione aziendale è ciò che definiamo “percorso di certificazione in qualità”.

In questo contesto, emerge l’importanza di affidarsi a consulenti qualificati, che possano guidare l’azienda in un processo realmente trasformativo, evitando di ridurre la certificazione a un semplice “pezzo di carta”, ma elevandola ad un attestato di misurazione del successo di una migliore performance interna.

Scopri il servizio di NoiWelfare per ottenere la Certificazione della Parità di Genere UNI/PdR 125:2022

Abbiamo approfondito questi aspetti con Filippo Tanganelli, Direttore Commerciale di Intertek Italia S.p.A. e Sustainability Manager certificato, che ci ha offerto la sua visione sulle opportunità e i rischi legati alla certificazione della parità di genere.

Quali motivazioni potrebbero spingere un’azienda a voler ottenere la certificazione della parità di genere?

Esistono diverse ragioni che possono portare un’azienda a ottenere la certificazione PdR 125 senza un autentico intento di trasformazione culturale. Uno dei motivi più comuni è l’accesso a incentivi economici, come sgravi fiscali, finanziamenti o vantaggi nelle gare d’appalto pubbliche. C’è poi l’aspetto dell’immagine e del branding: molte aziende vedono nella certificazione uno strumento di marketing per migliorare la propria reputazione, senza necessariamente introdurre cambiamenti concreti.

Un altro fattore rilevante è la pressione esterna esercitata da clienti, partner o investitori, che possono richiedere ai fornitori di possedere questa certificazione, spingendo così le imprese ad adeguarsi per non perdere opportunità di business. Infine, non va sottovalutata la questione della competitività sul mercato del lavoro: una certificazione sulla parità di genere può risultare attrattiva per i giovani talenti più sensibili a questi temi, anche se internamente l’azienda non ha intenzione di promuovere un reale cambiamento.

Quali sono le caratteristiche di una certificazione “in qualità”?

Una certificazione “in qualità” è un riconoscimento ufficiale rilasciato da un ente accreditato che attesta la conformità di un’organizzazione a specifici standard di gestione della qualità. Alla base di questa certificazione c’è l’adesione a normative riconosciute a livello nazionale o internazionale, come la ISO 9001, che stabilisce i requisiti per un sistema di gestione della qualità efficace.

Il percorso per ottenerla prevede audit approfonditi da parte dell’ente certificatore, che verifica sia la documentazione sia l’effettiva applicazione dei requisiti normativi nei processi aziendali. Non si tratta di un semplice attestato statico, ma di un impegno continuo al miglioramento, con la necessità di ottimizzare i processi, coinvolgere attivamente la leadership e monitorare costantemente le performance aziendali.

Un altro aspetto fondamentale è l’orientamento alla soddisfazione del cliente: la certificazione non è solo un sigillo di conformità, ma un vero strumento per garantire che prodotti e servizi rispondano alle aspettative del mercato. Inoltre, richiede un’analisi dei rischi e delle opportunità, per prevenire inefficienze e incrementare la competitività aziendale.

Va sottolineato, poi, che queste certificazioni hanno una validità temporale, di solito triennale, e richiedono audit periodici per il mantenimento. In sintesi, una certificazione “in qualità” è molto più di una semplice formalità: è un percorso strategico di crescita e miglioramento per l’azienda.

Quali sono i principali vantaggi della certificazione della parità di genere?

La certificazione PdR 125:2022 offre molteplici benefici, sia economici che reputazionali, rendendola un’opportunità strategica per le aziende che desiderano distinguersi in termini di inclusione e sostenibilità.

Dal punto di vista economico, uno dei principali vantaggi riguarda l’accesso a incentivi e agevolazioni. Inoltre, possono accedere a finanziamenti agevolati dedicati alle imprese che promuovono attivamente la parità di genere.

Sul piano reputazionale, questa certificazione rafforza l’immagine aziendale, posizionandola come un’organizzazione inclusiva e responsabile. Ciò migliora anche l’attrattività nei confronti di talenti qualificati, in particolare di quei giovani sensibili ai temi dell’equità di genere. Inoltre, in un mercato in cui la sostenibilità e l’inclusione sono sempre più strategiche, le imprese certificate acquisiscono un vantaggio competitivo significativo.

Ma non è solo una questione di immagine: un ambiente di lavoro equo e inclusivo ha un impatto diretto sulla produttività e sul benessere dei dipendenti. La certificazione aiuta a creare un clima aziendale più sereno, riducendo il rischio di discriminazioni e conflitti interni, e favorendo politiche di welfare che migliorano l’equilibrio tra vita privata e lavorativa.

Infine, sul piano internazionale, le aziende certificate dimostrano di adottare pratiche ESG (Environmental, Social, Governance), elemento sempre più valutato da investitori e stakeholder globali. Questo le rende più competitive nei mercati esteri e nelle filiere commerciali che premiano politiche di inclusione e sostenibilità.

Per un approfondimento sulla Certificazione UNI/PdR 125:2022 e i suoi benefici, leggi questo articolo Parità di Genere: Certificazione UNI/PdR 125:2022 per il successo aziendale

Come si può ottenere la certificazione PdR 125:2022 in qualità?

Ottenere la certificazione PdR 125:2022 è un processo che richiede un approccio strutturato e strategico, ed è proprio qui che il supporto di consulenti specializzati può fare la differenza. Affidarsi a professionisti consente all’azienda di seguire un percorso efficace, garantendo conformità ai requisiti richiesti e massimizzando i benefici della certificazione.

Il primo passo è un’analisi preliminare, in cui un consulente esperto esamina lo stato attuale dell’azienda rispetto allo standard di certificazione. Attraverso un assessment iniziale e un’analisi delle criticità, viene effettuata una gap analysis per individuare le aree di miglioramento in termini di parità di genere.

Successivamente, viene definita una strategia con obiettivi chiari e un piano di azione mirato. Questo comprende l’elaborazione di politiche aziendali su equità salariale, welfare e inclusione, oltre al mettere in piedi misure concrete per prevenire discriminazioni di genere.

Una fase cruciale è l’implementazione del sistema di gestione per la parità di genere. Ciò implica la creazione e l’aggiornamento di documentazione, policy e procedure aziendali, insieme a programmi di formazione per sensibilizzare il personale. Vengono inoltre introdotti strumenti per monitorare e misurare i progressi aziendali in questo ambito.

Prima di sottoporsi alla certificazione vera e propria, viene condotto un audit interno per verificare la conformità ai requisiti della PdR 125. In caso di eventuali criticità, si interviene con azioni correttive per garantire il rispetto degli standard richiesti. A questo punto, il consulente prepara l’organizzazione alla fase di verifica ufficiale e supporta l’azienda nella fase di Audit dell’ente certificatore.

Guarda l’intervento di Filippo Tanganelli durante il workshop “Parità di genere nelle organizzazioni – UNI/PdR 125:2022 – Certificarsi per crescere”

Quali rischi si corrono affrontando il percorso di certificazione?

Ottenere la certificazione PdR 125 in modo superficiale, senza integrare concretamente politiche di parità di genere, può avere conseguenze significative per un’azienda, sia in termini di reputazione che di conformità normativa.

Uno dei principali rischi è la perdita di credibilità. Se clienti, dipendenti o stakeholder percepiscono che la certificazione è solo un’operazione di facciata, l’azienda potrebbe essere accusata di “gender washing”, compromettendo la fiducia e l’immagine del brand. Una discrepanza tra la certificazione e la realtà aziendale potrebbe anche generare crisi reputazionali, soprattutto se emergono pratiche discriminatorie.

Inoltre, c’è il rischio concreto di revoca della certificazione. Gli audit di sorveglianza annuali verificano il mantenimento degli standard e, in caso di non conformità o mancanza di miglioramenti tangibili, la certificazione può essere sospesa o non rinnovata. Questo non solo annullerebbe i benefici acquisiti, come incentivi fiscali o vantaggi negli appalti pubblici, ma potrebbe anche impattare negativamente la competitività dell’azienda.

Anche il clima aziendale ne risentirebbe se i dipendenti percepissero la certificazione come una mera formalità, potrebbero perdere fiducia nella leadership e nella cultura aziendale, con effetti negativi sulla motivazione, sull’engagement e sul tasso di turnover.

Dal punto di vista commerciale, una certificazione priva di sostanza potrebbe allontanare clienti e partner strategici che valorizzano realmente le politiche ESG (Environmental, Social, Governance). Nei mercati internazionali, la mancanza di coerenza su questi temi può precludere collaborazioni con aziende che pongono maggiore attenzione alla sostenibilità sociale.

Infine, c’è il rischio di uno spreco di risorse: investire nella certificazione senza adottare miglioramenti reali significa ottenere un riconoscimento formale senza generare alcun valore aggiunto in termini di produttività, benessere aziendale o vantaggio competitivo.

In conclusione, ottenere la certificazione in modo superficiale può trasformarsi in un vero e proprio boomerang. Per evitare questi rischi, è fondamentale adottare un approccio strategico e concreto, assicurandosi che le politiche di parità di genere siano realmente integrate nella cultura aziendale e monitorando costantemente i progressi nel tempo.

Chi è Filippo Tanganelli

Filippo Tanganelli è un Ingegnere Civile con oltre 10 anni di esperienza nel settore dell’energia, maturata presso diversi enti di certificazione e ispezione. Attualmente ricopre il ruolo di Direttore Commerciale di Intertek Italia S.p.A. ed è un Sustainability Manager certificato.