In attesa delle decisioni del governo sui fringe benefit per il 2025, vediamo cosa è previsto fino al 31 dicembre 2024.
La Legge di Bilancio per il 2024, legge 30 dicembre 2023, n. 213, ha introdotto importanti novità sui fringe benefit.
I fringe benefit sono una forma di welfare aziendale e rappresentano beni e servizi messi a disposizione dei lavoratori da parte delle aziende che decidono di elargirli a supporto del reddito dei dipendenti, ricevendo in cambio dei vantaggi fiscali.
Abbiamo approfondito questo argomento in un recente webinar, rispondendo alle domande più frequenti sui fringe benefit poste dai nostri clienti e fornendo molti esempi concreti e suggerimenti. Puoi vedere il video qui sotto.
Per il periodo d’imposta 2024, il limite della soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit è di:
- 1.000 euro per i lavoratori dipendenti
- 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli a carico (compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati)
in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) che prevede una soglia “ordinaria” di 258,23 euro.
Avere un limite per i fringe benefit di 1.000 o 2.000 euro significa che le aziende possono concedere ai propri dipendenti beni e servizi in aggiunta alla normale retribuzione, non sottoposti a tassazione e che non concorrono a formare il reddito, se il loro valore non supera 1.000 o 2.000 euro. Nel caso contrario, concorrono interamente a formare il reddito e, pertanto, sono soggetti a contribuzione previdenziale e risultano rilevanti ai fini Irpef.
I fringe benefit 2024 possono essere utilizzati, oltre che per buoni pasto, buoni carburante, buoni spesa, ecc., anche per il pagamento
- delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale
- delle spese per l’affitto della prima casa
- degli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.
I fringe benefit sono stati oggetto di numerose misure finanziarie negli ultimi anni, per contenere gli aumenti del costo dell’energia e dei carburanti, contrastare gli effetti economici della grave crisi internazionale, affrontare il caro vita e l’aumento dell’inflazione.
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Di seguito, ti spieghiamo meglio cosa sono e come funzionano, rispondendo alle domande più frequenti sui fringe benefit che ci vengono rivolte.
- Che cosa sono i fringe benefit?
- Quali norme disciplinano i fringe benefit?
- Fringe benefit: chi ne ha diritto?
- Quali sono esempi di fringe benefit?
- Qual è la tassazione dei fringe benefit 2024?
- I fringe benefit contribuiscono alla formazione del reddito da lavoro dipendente?
- Cosa deve fare il datore di lavoro in caso di fringe benefit per dipendenti con figli a carico?
- Si possono pagare le utenze domestiche con i fringe benefit?
- Qual è la differenza tra fringe benefit e flexible benefit?
- I fringe benefit comprendono i buoni spesa?
- Qual è il trattamento dei buoni pasto?
- Qual è la differenza tra fringe benefit e welfare?
- Come funziona il fringe benefit auto aziendale?
- Come si calcola la tassazione del fringe benefit auto aziendale?
- I fringe benefit sono riportati in busta paga?
- I fringe benefit possono essere erogati ai lavoratori in smart working?
- Per un’azienda è meglio erogare fringe benefit o flexible benefit?
- Esempio concreto di un’azienda che ha adottato i fringe benefit: quanto risparmia l’azienda e quanto guadagna il lavoratore?
- Qual è la soluzione fringe benefit di NoiWelfare SB?
Che cosa sono i fringe benefit?
I fringe benefit, o “benefici accessori”, sono “compensi in natura” (cioè beni o servizi, non somme di denaro) che l’azienda concede al dipendente in aggiunta alla normale retribuzione. L’azienda può scegliere liberamente se offrirli o meno, salvo che non sia previsto un obbligo dal CCNL di riferimento.
Quali norme disciplinano i fringe benefit?
L’articolo 51 del DPR n. 917/1986 (conosciuto come TUIR, Testo Unico delle Imposte sui Redditi) disciplina i fringe benefit, descrivendoli come quei beni per i quali le disposizioni fiscali del TUIR stabiliscono criteri di valorizzazione e parametri di esenzione. Lo stesso articolo definisce le agevolazioni spettanti ai lavoratori dipendenti e alle aziende che erogano fringe benefit, e fornisce un elenco dei beni e servizi che possono rientrare in questa categoria.
Fringe benefit: chi ne ha diritto?
I fringe benefit sono dedicati a tutti i lavoratori con contratto dipendente o assimilabile, come ad esempio i co.co.pro. In generale, i lavoratori dipendenti possono ricevere fringe benefit fino a 1.000 euro, mentre coloro con figli a carico possono ricevere fino a 2.000 euro. Se un figlio è a carico al 50% di entrambi i genitori, ciascun genitore può ricevere fino a 2.000 euro in fringe benefit, con esenzione fiscale (e contributiva INPS per l’azienda).A differenza di altre misure di welfare aziendale, che devono essere offerte a tutti i lavoratori o a categorie omogenee, i fringe benefit e i buoni benzina possono essere concessi, a discrezione dell’azienda, anche a singoli lavoratori.
Quali sono esempi di fringe benefit?
Gli esempi più comuni di fringe benefit concessi ai dipendenti includono: il telefono cellulare, il computer portatile o tablet, l’alloggio fornito dal datore di lavoro, i buoni pasto e carburante, gift card, buoni spesa, e l’automobile aziendale in uso promiscuo, quindi anche per uso personale. I fringe benefit possono includere anche contributi per enti o casse di assistenza sanitaria, finanziamenti per la previdenza complementare e polizze assicurative che coprono rischi extra-professionali.
Una tipologia molto richiesta dai dipendenti e dalle nostre aziende clienti riguarda i beni ceduti dal datore di lavoro, suddivisi in due categorie.
- Beni prodotti direttamente dall’azienda: ad esempio, un’azienda alimentare che produce pasta potrebbe cedere pacchi di pasta ai propri dipendenti come fringe benefit. In questo caso, il valore da considerare sarà quello medio di vendita a un grossista da parte dell’azienda stessa.
- Beni o servizi acquistati da un fornitore esterno: l’esempio più classico è il voucher. Il datore di lavoro può, per esempio, accordarsi con un supermercato vicino e creare voucher spesa da offrire ai dipendenti come fringe benefit. Il valore di ciascun voucher, che sia di 100 o 50 euro, sarà imputato come fringe benefit lato dipendente. Il voucher può essere cartaceoo digitale e non si limita ai buoni spesa, ma include anche carburante, gift card, ecc. L’erogazione può avvenire tramite una piattaforma dedicata ai fringe benefit, come un portale welfare, dove il dipendente ha ampia scelta tra molti venditori. Ad esempio, il nostro portale include oltre 100 buoni regalo disponibili.
Qual è la tassazione dei fringe benefit 2024?
I fringe benefit sono compensi in natura che fanno parte della retribuzione e concorrono nella formazione del reddito da lavoro. Di conseguenza, sono soggetti alla tassazione IRPEF e ai contributi INPS.
Tuttavia, l’art. 51 del TUIR prevede un’eccezione: i fringe benefit non concorrono a formare reddito da lavoro dipendente se il loro valore complessivo non supera una soglia fissata dalla legge di 258,23 euro. Entro questo limite, il datore di lavoro beneficia di sgravi fiscali e previdenziali, non essendo tenuto a versare i contributi INPS, e il dipendente non è soggetto a tassazione. In questo modo si ottiene una riduzione del cuneo fiscale.
Fino al 31 dicembre 2024, questa soglia di esenzione fiscale e previdenziale è elevata a 1.000 euro per i dipendenti senza figli e 2.000 euro per quelli con figli a carico.
I fringe benefit contribuiscono alla formazione del reddito da lavoro dipendente?
L’art. 51 del TUIR stabilisce che il reddito da lavoro dipendente comprende tutte le somme e i valori percepiti dal dipendente nel periodo d’imposta, inclusi i benefici concessi a titolo liberale dal datore di lavoro in relazione al rapporto di lavoro. Per questo motivo, i fringe benefit fanno parte della retribuzione globale e, secondo il principio di onnicomprensività, concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente, soggetto quindi a tassazione IRPEF, ma solo se il loro valore supera la soglia di esenzione: 1.000 euro per la generalità dei lavoratori e 2.000 euro per quelli con figli a carico.
Cosa deve fare il datore di lavoro in caso di fringe benefit per dipendenti con figli a carico?
Il datore di lavoro è tenuto a conservare un’autocertificazione rilasciata dai dipendenti, nella quale dichiarano di avere un figlio a carico, fornendo anche il relativo codice fiscale. L’Agenzia delle Entrate ha stabilito che spetta al datore di lavoro mantenere questa prova. Pertanto, si raccomanda di tenere una documentazione scritta, con l’autocertificazione del dipendente, nel caso in cui siano stati concessi fringe benefit superiori a 1.000 euro a dipendenti con figli a carico.Per quanto riguarda i requisiti, un figlio di età inferiore a 24 anni è considerato a carico del genitore se il suo reddito da lavoro non supera, nel 2024, la cifra di 4.000 euro. Se il figlio ha più di 24 anni, è a carico del genitore solo se il suo reddito non supera circa 2.840 euro. Questa normativa è importante da considerare, poiché, se il valore dei fringe benefit concessi supera i limiti stabiliti, tale valore verrà computato integralmente sia dal punto di vista fiscale che ai fini del reddito, applicando l’aliquota ordinaria IRPEF.
Si possono pagare le utenze domestiche con i fringe benefit?
Confermiamo che si possono pagare le utenze domestiche con i fringe benefit, un’opzione recentemente introdotta. Già lo scorso anno, il governo aveva previsto la possibilità di rimborsare le spese per le utenze di acqua, gas ed elettricità. Quest’anno, tale possibilità è stata rinnovata e include anche le spese di affitto della prima casa, che possono essere considerate a tutti gli effetti fringe benefit.
È importante notare che non c’è alcun obbligo: ogni dipendente può presentare la bolletta della luce e richiederne l’inserimento nel cedolino della busta paga, al netto delle ritenute. Anche per il datore di lavoro si tratta di una scelta libera: può decidere se implementare o meno questo beneficio accessorio rispetto alla retribuzione.
Qual è la differenza tra fringe benefit e flexible benefit?
Sia i fringe benefit che i flexible benefit (noti anche come welfare o flexible welfare) rientrano nella categoria dei “compensi in natura”, poiché vengono erogati sotto forma di beni e servizi, anziché come somme di denaro. Questi beni e servizi possono essere acquistati direttamente dal dipendente tramite una piattaforma dedicata, oppure possono essere rimborsati. Tuttavia, ci sono differenze importanti in termini di funzione, disciplina e tassazione.
I fringe benefit sono regolamentati dall’art. 51 del TUIR e sono erogati volontariamente dal datore di lavoro, che può decidere arbitrariamente di concedere importi differenti ai singoli dipendenti, ad esempio 500 euro a uno e 1.000 euro a un altro. Questi benefici sono disciplinati nel contratto individuale stipulato tra l’azienda e il lavoratore e contribuiscono alla formazione del reddito da lavoro dipendente, soggetti a tassazione solo se il loro valore complessivo supera, nell’intero anno, i 1.000 euro per la generalità dei lavoratori e 2.000 euro per quelli con figli a carico. Pertanto, i fringe benefit il cui valore è inferiore a queste soglie non concorrono a formare reddito e non vengono tassati.
Al contrario, per i flexible benefit è obbligatorio avere un regolamento interno all’azienda o un accordo sindacale con il sindacato di riferimento. Tali accordi possono essere estesi a intese territoriali se l’azienda ha un CCNL che prevede questa possibilità. Un’altra differenza fondamentale è che, a differenza dei fringe benefit, per erogare flexible benefit è necessario creare categorie omogenee di dipendenti o fornire la stessa cifra di crediti welfare a tutti i dipendenti. Pertanto, l’azienda avrà bisogno di un consulente o di un esperto interno all’organizzazione che rediga un documento chiamato “regolamento welfare“, il quale deve fornire indicazioni sulla spendibilità massima.
Infatti, per i flexible benefit non esiste più il tetto di 1.000 o 2.000 euro: l’azienda potrebbe decidere di erogare, ad esempio, 5.000 euro in flexible benefit a un dipendente, da spendere su un portale welfare. Tra i flexible benefit rientrano anche rimborsi per la famiglia, come tasse scolastiche per i figli, borse di studio, viaggi e attività sportive, culturali e ricreative. In questo senso, i flexible benefit hanno una maggiore capacità di migliorare la qualità della vita del dipendente e dei suoi familiari, favorendo la conciliazione tra impegni lavorativi e personali e aumentando il benessere generale. Questo include servizi come assistenza sanitaria, previdenza integrativa, assistenza agli anziani, trasporti, tasse scolastiche e borse di studio, viaggi, ecc.
D’altra parte, i flexible benefit presentano un sistema più rigido, poiché devono essere erogati a tutti i dipendenti o a categorie omogenee e sono soggetti a specifici accordi bilaterali o a un regolamento aziendale. Sono esenti dal pagamento di tasse e contributi, in quanto non contribuiscono a costituire il reddito da lavoro dipendente, e, a differenza dei fringe benefit, non hanno limiti di spendibilità, se non quelli stabiliti dall’azienda durante la contrattazione o nel regolamento.
Il 95% dei nostri clienti abbina fringe benefit e flexible benefit, che possono coesistere all’interno di un piano di welfare. Il vantaggio è che il dipendente può scegliere tra l’uno o l’altro, o entrambi, all’interno di un paniere più ampio di beni e servizi.
I fringe benefit comprendono i buoni spesa?
Sì, i buoni spesa rientrano tra i fringe benefit insieme a, ad esempio, cellulare, computer portatile o tablet, abitazione, buoni pasto, buoni carburante e auto aziendale.
Qual è il trattamento dei buoni pasto?
I buoni pasto sono considerati fringe benefit, ma con un “contatore” a parte. In base all’art. 51, i buoni pasto possono essere erogati come fringe benefit ai dipendenti, ma l’importo massimo per rimanere esenti da tasse e contributi è di 8 euro per ogni giorno lavorativo, a condizione che il buono sia digitale. La soluzione cartacea, considerata un po’ obsoleta, ha un tetto massimo di esenzione per contributi e IRPEF fissato a 4 euro al giorno.
Qual è la differenza tra fringe benefit e welfare?
I fringe benefit sono misure di welfare aziendale, entrambi disciplinati dall’articolo 51 del TUIR e creati per aumentare il benessere dei lavoratori. Ci sono delle differenze sostanziali come visto precedentemente, che riguardano principalmente due aspetti. A differenza del welfare aziendale, i fringe benefit hanno un limite massimo di deducibilità fiscale di 2.000 euro. Inoltre, mentre il welfare aziendale necessita di almeno un accordo interno e deve essere proposto a tutti i dipendenti, o ad una categoria omogenea di lavoratori, i fringe benefit possono essere concessi anche ad un singolo lavoratore. I fringe benefit si possono ritenere così una forma semplice di welfare aziendale.
Come funziona il fringe benefit auto aziendale?
L’utilizzo dell’auto aziendale per esigenze di lavoro e personali (uso promiscuo), di norma rilevante ai fini della tassazione IRPEF e dei contributi INPS, non viene tassato se il valore annuo attribuibile non supera il limite massimo di 1.000 euro per la generalità dei lavoratori e 2.000 per quelli con figli a carico.
Come si calcola la tassazione del fringe benefit auto aziendale?
Vanno sempre pagati tasse e contributi sull’auto aziendale e, semplificando, il procedimento per il loro calcolo è il seguente. Bisogna innanzitutto ottenere il valore convenzionale annuo di quell’auto verificandone il costo chilometrico dalle tabelle ACI e moltiplicando l’importo trovato per una percorrenza convenzionale di 15.000 km. Tasse e contributi annuali si calcolano però su una percentuale di quel valore, che è diversa a seconda delle emissioni di CO2 dell’auto. Per esempio, se il valore annuo convenzionale dell’auto calcolato col metodo descritto sopra è 10.000 euro, il reddito su cui calcolare contributi e tasse (per un’auto con emissioni comprese tra 60 e 160 g/km) sarà pari a: 10.000×30%= 3.000 euro.
I fringe benefit sono riportati in busta paga?
Sì, i fringe benefit compaiono ogni mese in busta paga poiché rientrano nella categoria dei “compensi in natura”. Devono essere formalmente indicati nel cedolino busta paga con il valore di riferimento. Il dipendente potrà visualizzare il controvalore all’interno del portale, dove può scegliere tra i vari fringe benefit e le altre tipologie di fringe citate.
I fringe benefit possono essere erogati ai lavoratori in smart working?
Sì, i lavoratori in smart working possono ricevere fringe benefit come tutti gli altri dipendenti. Infatti, questi benefit possono essere erogati dall’azienda ad personam a suo piacimento, per cui sono compresi i lavoratori in smart working. Inoltre, se consideriamo l’opzione dei flexible benefit, possiamo già identificare una categoria omogenea a cui erogarli, ovvero quella dei lavoratori in smart working.
Per un’azienda è meglio erogare fringe benefit o flexible benefit?
Fringe benefit e flexible benefit sono due concetti distinti che possono coesistere, come indicato dagli articoli 51 e 100 del TUIR. In sintesi, i fringe benefit rappresentano una soluzione ideale per la velocità e la flessibilità di erogazione. Infatti, possiamo attivare la piattaforma con i fringe benefit caricati per ciascun dipendente già il giorno successivo alla richiesta da parte dei nostri clienti. Al contrario, con i flexible benefit è necessario un passaggio in più, poiché è richiesto un regolamento di welfare aziendale.
È importante sottolineare che oggi i dipendenti non si limitano a considerare il netto nel cedolino busta paga: cercano anche altre forme di attenzione da parte dell’azienda. I fringe benefit e i flexible benefit possono coesistere all’interno di una pianificazione globale nell’ottica di un total reward.
Esempio concreto di un’azienda che ha adottato i fringe benefit: quanto risparmia l’azienda e quanto guadagna il lavoratore?
Consideriamo un caso concreto di un’azienda cliente della provincia di Bologna, nel settore alimentare. Il datore di lavoro desiderava erogare un premio di 1.000 euro lordi per ciascuno dei 35 dipendenti. Tuttavia, tra lordo e netto c’è una notevole differenza: se il premio venisse erogato tramite busta paga, il netto sarebbe di soli 654 euro.Qual è stata la nostra soluzione? Poiché l’azienda non aveva mai implementato un piano di welfare aziendale, abbiamo scelto una soluzione fringe semplice e concreta. Considerando un totale lordo di 35.000 euro, il costo stimato sarebbe stato di 46.000 euro. La soluzione fringe ha consentito un risparmio reale di 11.300 euro per il datore di lavoro. Dall’altro lato, il dipendente ha ricevuto 1.000 euro netti di spendibilità attraverso i fringe benefit, con un aumento complessivo di 12.000 euro, abbattendo completamente il cuneo fiscale. Inoltre, i fringe benefit sono deducibili, il che ha permesso all’azienda di abbassare anche l’imponibile fiscale, risparmiando circa 9.700 euro, che sono stati reinvestiti in un ulteriore sistema premiale per i dipendenti. Un esempio di virtuosità!
Qual è la soluzione fringe benefit di NoiWelfare SB?
La soluzione di NoiWelfare per la gestione dei fringe benefit offre vantaggi sia per l’azienda che per i dipendenti. La semplicità d’uso è garantita grazie alle soluzioni digitali; per maggiori dettagli, puoi consultare il video a partire dal minuto 38.
Con la nostra proposta, l’azienda ottimizza i costi oltre a beneficiare di sgravi fiscali. Implementare un piano welfare basato solo su fringe benefit è facile e porta a molte soddisfazioni da parte dei clienti.
Quali sono i vantaggi?
- Fornisce un sostegno concreto e immediato al reddito.
- I fornitori sono caricati nel portale, assicurando che il valore reale sia sempre rispettato, senza perdere neanche un centesimo.
- L’accesso è facile e veloce tramite login con i dati del dipendente.
- Sono disponibili oltre 100 opzioni di scelta, comprese elettronica e carburante.
- Non c’è l’obbligo di utilizzarli entro l’anno. I fringe benefit hanno una validità di 3 anni dalla data di erogazione, dando al dipendente tutto il tempo necessario per spenderli (per Amazon, c’è addirittura un termine di 10 anni per la spesa).
- L’azienda non è obbligata a portare avanti questo progetto e può decidere di modificarlo per l’anno successivo.
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