Quali sono le sfide che affliggono i responsabili del personale e come possono essere affrontate e, ancora più importante, prevenute? 

Abbiamo avuto il privilegio di intervistare Ilaria Agosta, Presidente di AIDP (Associazione Italiana per la Direzione del Personale), sezione Veneto e Friuli Venezia Giulia per parlare di attraction e retention, total reward, clima aziendale, sostenibilità e ruolo sociale delle organizzazioni.

Grazie alla sua vasta esperienza nel settore, Ilaria ci ha offerto uno sguardo privilegiato sulle dinamiche aziendali attuali, rivelando le strategie adottate dalle aziende più virtuose.

  • Quali sono i temi attuali di maggiore rilevanza per le aziende e, in primis, per i responsabili del personale?

Oggi, sono numerose le tematiche oggetto dell’attenzione dell’area People & Culture: clima aziendale, sostenibilità, attraction e retention, total reward, ruolo sociale delle organizzazioni. Ma l’aspetto che le accomuna tutte come causa originaria è la carenza di competenze

Tutti concordiamo sul fatto che il contesto in cui operano oggi le aziende è molto diverso rispetto al passato. Fino a quindici anni fa, se avevano il budget, potevano reperire le necessarie competenze senza grandi problemi, soprattutto perché il lavoro era in cima alla scala dei valori. Ci trovavamo ancora nell’onda lunga dello yuppismo degli anni 80, per cui il lavoro dava prestigio sociale e le persone vi dedicavano moltissimo tempo ed energie. L’equilibrio lavoro-vita privata iniziava a muovere i primi passi ma non aveva raggiunto la popolarità che ha guadagnato negli anni recenti. Oggi le persone fanno scelte alternative, sono meno orientate ad allungare il proprio orario di lavoro, simpatizzano per part-time e remote working, alla ricerca di lavori meno impegnativi dal punto di vista delle energie e del tempo dedicato. Privilegiano forme di benessere che si possono trovare al di fuori del lavoro.

Ci troviamo così di fronte ad una difficoltà di attraction e retention con fenomeni come le Grandi Dimissioni e il Quiet Quitting, situazioni non nuove ma che la pandemia ha accelerato. Le persone oggi non pensano più che avere un bel lavoro e guadagnare un buono stipendio siano condizioni essenziali per il bel vivere sociale.

La seconda causa di questa crisi di competenze è l’accelerazione tecnologica, capace di dare vantaggi competitivi a persone e organizzazioni che siano in grado di usarla. Non tutte le persone riescono a stare al passo, perché per molti aggiornare le proprie competenze non è ancora parte integrante del lavoro, ed è un peccato, perché una persona che smette di apprendere disperde il proprio potenziale e le occasioni di rendere più intensa la propria vita. Le aziende che si sono mosse per tempo e sono andate in quella direzione, oggi sono più competitive. Mentre quelle che non l’hanno fatto sono in difficoltà e devono affrontare costi maggiori.

  • Quali sono i principali elementi del concetto di “total reward” e quali sfide le aziende stanno affrontando per attrarre e trattenere il personale?

All’interno delle organizzazioni, è evidente che ogni individuo lavora con l’obiettivo di ottenere dei benefici in cambio. In passato, ciò si limitava principalmente allo stipendio, ossia la componente monetaria nota come “compensation”. Tuttavia, negli ultimi anni, questa prospettiva si è evoluta nel concetto più ampio di “total reward”.

Personalmente, ritengo che il total reward rappresenti lo strumento principale per affrontare le difficoltà attuali come la capacità di attraction e retention. Questo concetto si articola in quattro ambiti chiave: la compensazione monetaria, che riguarda il salario; i benefit, che comprendono il wellbeing e il welfare aziendale; lo sviluppo professionale di ciascun individuo; e l’ambiente di lavoro.

Sono proprio questi quattro aspetti a formare il total reward e rappresentano le sfide con le quali le aziende si confrontano ogni giorno per attrarre e trattenere il personale.

È evidente che le aziende hanno iniziato ad occupare spazi sempre più ampi anche nel contesto del ruolo sociale. Pensiamo ai servizi per il benessere delle persone, che anni fa erano pubblici o privati, ma di sicuro esterni ai luoghi di lavoro, come asili, palestre, assistenza per la salute fisica e mentale, corsi di formazione su tematiche che vanno al di là dell’ambito lavorativo, tutti i servizi che vanno a comporre il cosiddetto welfare.

Sono ambiti in cui le aziende progressivamente hanno intrapreso un percorso di esplorazione. Ad esempio, in passato era considerato un tabù il benessere mentale, e le aziende non offrivano servizi legati alla sfera psicologica. Oggi, invece, è diventato comune e normalizzato. Attualmente, si discute sempre di più del benessere finanziario individuale, sebbene sia ancora un argomento delicato da affrontare all’interno delle aziende. Tuttavia, il benessere finanziario rappresenta una causa significativa di stress per le persone, che può influire anche sul loro ambiente lavorativo. Pertanto, le aziende hanno iniziato a interessarsi a questo fenomeno, sebbene ancora si trovino in una fase iniziale di conoscenza o in una fase pilota, e possano incontrare alcune difficoltà nell’affrontare il tema con i propri collaboratori.

Ciò che è evidente, è come le aziende vogliano occupare spazi sempre più ampi nell’ambito della cura delle persone.

  • Quali effetti ha il total reward nella relazione tra individui e organizzazioni aziendali? 

Il fenomeno presenta due effetti distinti. Da un lato, le persone si sentono maggiormente legate all’azienda perché trovano risposte alle loro esigenze. Dall’altro lato, le aziende affrontano un impegno significativo. Prendersi cura di aspetti sempre più profondi che generano benessere per le persone comporta costi e richiede competenze specifiche.

È un cambiamento affascinante, poiché rivela una profonda trasformazione nella relazione tra gli individui e le organizzazioni in cui lavorano. Anche il linguaggio che utilizziamo ha iniziato, sebbene in modo lento e graduale, a mutare. Ad esempio, molte Direzioni Risorse Umane ora si chiamano People Care o Persone e Cultura (People & Culture). Ogni cambiamento di terminologia rappresenta un chiaro segnale di una nuova direzione. Il linguaggio crea il pensiero e il pensiero crea la cultura organizzativa e quindi i comportamenti delle persone.

Cambiamenti che la crisi delle competenze ha accelerato in modo significativo negli ultimi 7-8 anni. Anche per quanto riguarda il clima aziendale, il cui concetto esisteva già in precedenza, anche se solo alcune aziende (spesso multinazionali) se ne occupavano. Gli strumenti per studiare il clima aziendale e attivare azioni di miglioramento basate sulle esigenze espresse dalla popolazione aziendale erano già disponibili, ma poche aziende li utilizzavano; la crisi delle competenze ha portato a un notevole aumento nel numero di organizzazioni che si preoccupano della ‘employee satisfaction’ ma anche che esplorano nuove soluzioni e nuovi approcci.

  • Qual è la sua esperienza personale e quella dei suoi colleghi riguardo all’evoluzione del welfare aziendale nel contesto del total reward? 

Negli ultimi anni, da quando è stata varata la legge che lo disciplina, molte aziende hanno scelto di adottare politiche di welfare aziendale a favore dei dipendenti. Tuttavia, ho notato un’evoluzione in questo ambito. Inizialmente, solo pochi collaboratori utilizzavano i servizi proposti, forse a causa della novità e della mancanza di familiarità con una opportunità di non immediata comprensione. Potrebbero aver avuto anche qualche dubbio o diffidenza dovuta alla mancanza di conoscenza iniziale.

Le aziende hanno svolto un ruolo fondamentale nella comunicazione e quelle che hanno investito in una comunicazione efficace hanno visto un notevole aumento dell’utilizzo da parte dei collaboratori. Mentre all’inizio solo il 10-15% dei collaboratori usufruiva dei nuovi servizi, ora alcune aziende che hanno lavorato bene sulla comunicazione interna hanno raggiunto tassi di utilizzo dell’80%. Questo ci dimostra l’importanza di un percorso di comunicazione graduale e coerente nel promuovere nuove iniziative. Abbiamo imparato che le persone hanno bisogno di tempo per adattarsi alle novità e che è necessario ripetere il messaggio per fare emergere la coerenza dell’azienda e l’efficacia delle iniziative proposte. Le persone, ispirate dagli “early adopter” o perché si convincono da sole dati i vantaggi offerti, si uniscono al percorso.

Quindi, posso dire che ho personalmente osservato e ho avuto conversazioni con colleghi che confermano l’evoluzione di questo fenomeno. Tutti hanno esposto con soddisfazione come il welfare aziendale sia  cresciuto nel corso degli anni grazie alla comunicazione e all’adesione delle persone che ne beneficiano.

  • Oltre alla crescita del numero delle persone che utilizzano il welfare aziendale, quali sono i risultati tangibili ottenuti?

A livello generale ho osservato una connessione tra l’utilizzo del welfare aziendale e l’adozione tempestiva di pratiche legate alla sostenibilità e alla parità di genere. Le prime aziende a implementare e promuovere sistemi di welfare hanno dimostrato una sensibilità che le ha portate ad intraprendere in anticipo anche iniziative legate alla sostenibilità sociale, in primis inclusione e superamento del gender gap.

Un risultato tangibile è rappresentato dalla Certificazione di Parità di Genere, che comporta notevoli vantaggi economici e reputazionali per le aziende che la conseguono. Alcune di queste aziende hanno riportato una riduzione del turnover, un miglioramento degli indici di benessere nelle indagini di clima, l’adozione di comportamenti organizzativi più funzionali e fluidi.

È importante sottolineare che per garantire la presenza delle competenze adeguate all’interno dell’azienda, è necessario attrarre talenti esterni (attraction), mantenere quelli già presenti (retention), sviluppare il potenziale (empowerment). Ciò significa che possiamo ottenere le competenze necessarie attraverso il mercato del lavoro (esterno) ma anche con adeguate azioni di upskilling e reskilling (interno). Così si spiega la rinascita delle academy aziendali.

Le academy aziendali hanno conosciuto un nuovo sviluppo negli ultimi quindici anni, e alcune componenti del benessere aziendale sono state integrate nei programmi formativi proposti. Oltre a mantenere le competenze tecniche necessarie, le aziende cercano di coinvolgere i dipendenti anche in ambiti più ampi, come il benessere e la salute. Alcune forme di welfare offerte dalle aziende riguardano proprio la formazione in materia di benessere e salute dei dipendenti.

Tali iniziative sono molto apprezzate dai collaboratori, poiché dimostrano che l’azienda si preoccupa del loro benessere non solo in ambito lavorativo, ma anche al di fuori di esso: quando le persone se ne rendono conto si genera una forte affezione tra il dipendente e l’azienda.

  • Nonostante gli aspetti positivi e i vantaggi per le aziende derivanti dalla sostenibilità sociale, quali ritiene siano i principali ostacoli o fattori che ancora impediscono a molte di esse di implementare politiche di welfare aziendale?

In alcuni casi, le aziende possono essere riluttanti a implementare politiche di welfare aziendale quando si trovano in un mercato prospero e ritengono di poter continuare senza nuovi metodi o sistemi che migliorino l’ambiente di lavoro. Queste aziende potrebbero non credere che il benessere dei lavoratori si traduca in maggiore produttività e, talvolta, i fatti sembrano confermare questa convinzione. Tuttavia, queste situazioni sono di natura transitoria e, a lungo termine, è preferibile prepararsi per il futuro. Infatti, la sostenibilità può essere d’aiuto all’adozione una nuova cultura aziendale: una preoccupazione crescente non solo per i dipendenti ma anche per i clienti che sempre più spesso considerano il background e la reputazione dell’azienda in materia di scelte sostenibili prima di effettuare un acquisto. 

La crescente consapevolezza del pubblico spinge le aziende a curare la propria reputazione sociale. Alcune sono ancora in grado di stare sul mercato senza preoccuparsene, ma ritengo che si tratti di situazioni che non possono durare indefinitamente.

La spinta verso il benessere aziendale e la sostenibilità proviene da diverse direzioni: non solo dai dipendenti che richiedono condizioni di lavoro migliori, ma anche dai clienti che fanno scelte consapevoli. Inoltre, gli sviluppi legislativi riflettono la consapevolezza crescente delle problematiche sociali e spingono le aziende a modificare i loro approcci lavorativi e organizzativi, motivo per cui associazioni come AIDP cercano di lavorare in collaborazione con le istituzioni per promuovere una sensibilità verso il lavoro a misura di persona e di ambiente.

Un esempio dell’ampia diffusione delle nuove tendenze sono le Società Benefit e le Imprese Sociali, in notevole crescita negli ultimi anni. Ritengo interessante che molte delle realtà imprenditoriali scelgano di affrontare il percorso per trasformarsi in Società Benefit, accanto alle società per azioni o alle grandi aziende: aumentano gli imprenditori illuminati che abbracciano pienamente una visione delle proprie imprese in armonia con il territorio e la popolazione.

Chi è Ilaria Agosta

HR & Organization Consultant, Presidente AIDP Veneto e Friuli Venezia Giulia, Vice Presidente AIDP Nazionale.

Esperienza aziendale di 26 anni con ruoli manageriali in varie funzioni (area tecnica, P&C, Marketing-Comunicazione-Eventi, People&Culture, Learning&Development, Corporate Academy), in diverse industry (servizi e industria), in aziende domestiche e multinazionali. Studi in Economia e Commercio, Scienza della formazione e Counselling Organizzativo. Da gennaio 2018 è consulente, specializzata in Corporate Academy, Sistemi professionali/di valutazione, digitalizzazione dei processi di area People, con un focus costante sulla valorizzazione della persona per la crescita delle organizzazioni; affianca alla consulenza l’attività di Fractional People Manager, per mantenere ‘l’immersione’ nella vita organizzativa.